XXVII CONGRESSO NAZIONALE
TORINO, 6-8 NOVEMBRE 2021
MELANOMA 2021, ECCO COME CAMBIANO LE CURE
IMI IN PRIMA LINEA NEGLI STUDI MULTICENTRICI INTERNAZIONALI
Sono molte le novità nella cura dei pazienti con melanoma avanzato. La ricerca nel 2021, nonostante il COVID-19, non si è fermata e ha conseguito una serie di successi che cambieranno la pratica clinica a livello internazionale e, soprattutto, in Italia.
È quanto emerge dal XXVII Congresso Nazionale IMI - Intergruppo Melanoma Italiano, in corso dal 6 all’8 novembre a Torino, che ha visto l’Associazione medica multidisciplinare in prima linea negli studi internazionali.
SECONBIT, studio prospettico randomizzato in fase II, ha fornito un contributo per comprendere il miglior approccio sequenziale nella malattia avanzata. In questo studio sono stati arruolati, in 37 centri e 9 Paesi, tra i quali i centri di riferimento IMI in l’Italia, 251 pazienti con melanoma metastatico mutato Braf, 209 dei quali sono stati randomizzati. Tre le sequenze previste dallo studio: il braccio A ha assunto la target terapy (Encorafenib e Binimetinib) fino a progressione e immunoterapia (ipilimumab e nivolumab) a progressione; il braccio B ha eseguito la sequenza inversa e, infine, nel braccio C i pazienti hanno eseguito la target terapy per 2 mesi, sono stati quindi trattati con l’immunoterapia fino alla progressione per poi riprendere la terapia target, e, in caso di progressione, alla immunoterapia.
“È emerso – spiega Mario Mandalà, Professore di Oncologia Medica dell’Università degli Studi di Perugia – che a 2-3 anni sia la sopravvivenza globale (OS) che la sopravvivenza libera da progressione (PFS) è risultata numericamente migliore in chi ha fatto il braccio B o C. In particolare, l’OS a 2-3 anni è stato rispettivamente del 65% e del 54% nel braccio A, del 73% e del 62% nel braccio B e del 69% e del 60% nel braccio C. Il tasso di PFS complessiva è stato invece rispettivamente del 46% e del 41% nel braccio A, del 65% e del 53% nel braccio B, del 57% e del 54% nel braccio C. Il trend superiore, anche se non è ancora statisticamente significativo, è quindi quello che prevede in prima linea la somministrazione dell’immunoterapia seguita dalla Terapia target. Lo studio essendo di fase 2, a bracci paralleli, non ha il potere statistico per confrontare in maniera robusta le tre strategie, ma costituisce una solida base di lavoro per futuri studi di fase III.”
Sorprendenti anche i dati di CheckMate 067. “Con i suoi 6.5 anni di osservazione e 945 pazienti affetti da melanoma avanzato e non operabile arruolati – afferma Antonio Maria Grimaldi, Direttore della UOC di Oncologica Medica dell’Ospedale S. Pio di Benevento – è lo studio che apre le porte alla immunoterapia di combinazione in prima linea di trattamento”.
Il campione di pazienti è stato suddiviso in tre gruppi ai quali è stata somministrata la combinazione nivolumab + ipilimumab, solo nivolumab o solo ipilimumab. È emerso che l’81% del campione trattato con la terapia combinata a 6.5 anni è ancora vivo senza fare altre terapie, perché non ha avuto alcuna progressione di malattia, contro il 74% di chi ha assunto Nivolumab e il 43% di chi è stato trattato con ipilimumab.
“Un successo enorme – sottolinea Grimaldi – considerando anche che la sopravvivenza mediana è risultata di 72.1 mesi, dato di mOS mai raggiunto in nessun altro studio clinico nel melanoma metastatico, contro i 36.9 del nivolumab e gli appena 19.9 di ipilimumab. Il dato di safety con l’aggiornamento a 6.5 anni conferma il dato elevato di tossicità di grado 3 e 4 per la combinazione, senza l’emergenza di nuovi effetti collaterali.”
Molto buoni anche i risultati dello studio KEYNOTE 716, in fase III, che utilizza la terapia adiuvante nei pazienti con melanoma stadio IIB e IIC e che, attualmente, una volta radicalmente operati, non fanno terapia, ma solo controlli periodici. A 976 pazienti è stato somministrato in doppio cieco pembrolizumab o placebo. Il follow up a 14.4 mesi ha mostrato una riduzione delle recidive del 35% (HR 0,65) in chi prendeva il farmaco.
“Un esito – spiega il Presidente IMI Ignazio Stanganelli, Direttore della Skin Cancer Unit IRCCS Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori e Professore associato dell’Università di Parma – destinato a cambiare sostanzialmente la popolazione dei pazienti con melanoma che vengono trattati con la terapia adiuvante.”
Buone notizie anche sul fronte delle cure per il carcinoma cutaneo a cellule squamose (Cscc, o spinocellulare), il secondo tumore della pelle per incidenza e il primo per mortalità.
“Nell’ultimo anno – conclude Pietro Quaglino, professore associato di Clinica Dermatologica dell’Università di Torino – è disponibile in Italia cemiplimab, il primo anticorpo monoclonale anti-PD-1 specifico per il trattamento di questo tumore che pur non finendo spesso sotto i riflettori, rappresenta il 20% dei tumori cutanei e il cui impatto sulla qualità di vita è molto forte nei casi in fase avanzata, cioè circa il 5% di quelli diagnosticati. Oltre a poter essere somministrato nei pazienti anziani, la metà dei pazienti sviluppa una risposta entro due mesi dall’inizio della terapia e il 72% la mantiene ancora dopo ben due anni.”
Ufficio Stampa IMI – Intergruppo Melanoma Italiano
Giulia Pigliucci - Tel. 3356157253 Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.